Il Coronavirus ha forzato il passaggio allo smartworking. Adottarlo sì, ma con un occhio alla sicurezza degli utenti e dei dati.

Con l’obiettivo di contenere e spegnere il primo focolaio in Italia del temuto Coronavirus, molte imprese della zona rossa (Codogno, Casalpusterlengo, Lodi) ma anche in tutta la Lombardia e il Veneto, si sono attrezzate affinché le attività lavorative possano essere svolte anche da remoto, senza lasciare la propria abitazione.

In questa situazione di emergenza è chiaro più che mai che per alcuni contesti aziendali il lavoro da remoto sia l’unica soluzione per abbassare la possibilità dei contagi e, in una visione più generale, per mantenere stabile la produttività e aumentare il livello di benessere dei lavoratori.

Insomma tra Coronavirus e smartworking “bisogna fare di necessità virtù”, ma per il momento in Italia solo le grandi multinazionali riescono a lavorare a pieno ritmo ad uffici chiusi; in questo caso la percentuale dei lavoratori attrezzati per il lavoro agile è infatti intorno al 60-70%.

Il nostro paese è il fanalino di coda soprattutto se confrontato con i tassi del Nord Europa, dove oltre il 30% dei lavoratori è coinvolto in progetti di smartworking.

Smartworking: i pro superano i contro.

Certo, non è tutto oro quello che luccica; overworking, distrazioni e alienazione sono i principali rischi di chi lavora da remoto, ma rispetto ai colleghi che lavorano in un tradizionale ufficio, gli smart worker sono più soddisfatti sia rispetto all’organizzazione del lavoro (39% contro il 18%), sia nelle relazioni con colleghi e superiori (40% contro il 23%).

A beneficiarne è anche la loro produttività, che secondo uno studio dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, sale anche del 15-20%.

Tutto questo è dovuto a molteplici fattori, tra cui meno stress e tempo perso a causa del traffico, l’azzeramento dei costi dovuti agli spostamenti casa/lavoro, avere i propri spazi e tempistiche più flessibili per svolgere le proprie mansioni.

Il 43% dei lavoratori agili percepisce inoltre in modo tangibile un miglioramento del proprio equilibrio tra vita privata e professionale.

L’importanza della sicurezza informatica nell’accesso ai dati da remoto e in mobilità.

Implementare e gestire una struttura informatica che consenta il lavoro da remoto non è semplice e richiede risorse che le PMI di solito non hanno.

In questo caso le imprese devono poter gestire procedure complesse associate alla gestione delle macchine virtuali, predisponendo sistemi di backup e disaster recovery. Ma non solo, devono essere messe in atto misure adeguate per garantire la confidenzialità e la sicurezza dei dati informatici.

Lo SmartWorking As a Service rientra nei servizi cloud IaaS (Infrastructure as a Service) e in questo senso l’interlocutore a cui rivolgersi è senza dubbio un cloud provider certificato e qualificato che offra le tecnologie e competenze necessarie per permettere agli smart worker di lavorare in mobilità con flessibilità e sicurezza.

Lavorare da remoto grazie al cloud: strumenti gratuiti per saperne di più.

La corretta informazione viene prima di tutto. Se vuoi apprendere quali sono i primi passi per adottare lo smartworking in azienda, iscriviti gratis al Webinar di Smartworking srl che inizia il 4 marzo 2020.

Se vuoi approfondire come le soluzioni cloud e la consulenza informatica possono supportare al meglio il lavoro da remoto, scarica il nostro Whitepaper gratuito oppure contattaci!

Condividi